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L'esperienza dello Smart- Working

Data di pubblicazione: 
March 26, 2020
Tempo di lettura:
3 minutes
Autore: 
Larix

Beh, si! Ho vissuto uno stato d’animo contrastante: un sospiro di sollievo per non dover più recarmi in ufficio, di correre dei rischi, e un senso di smarrimento: ora come mi organizzo? E’ sparito anche il concetto di work life balance, almeno come l’ho vissuto finora. Sono obbligato a rivederlo, a gestire la compresenza, nello spazio e nel tempo, di atti privati e atti pubblici.

Ho studiato, quasi a memoria, le informative sulla sicurezza nel lavoro agile, che l’azienda mi ha fatto firmare e mi ha illustrato.

Mi hanno pacificato un po’.

Non nascondo, che mi sono irritato quando il mioResponsabile mi ha scandito, per iscritto, le task e gli obiettivi, raccomandandomi di lavorare sulle priorità individuate dall’azienda.

Avrei voluto ribadire che, vista la mia esperienza, sarei stato in grado di destinare il tempo previsto per lo smart working alle giuste attività. Mi sono frenato.

In me, si è fatto spazio un pensiero. Non stiamo organizzando una seduta di brain storming né stiamo vivendo una riunione di problem solving, con lo spazio per un continuo confronto, a volte estenuante a causa del soggettivismo di ognuno di noi e delle nostre istanze relazionali.

No, non c’è tempo e non c’è spazio per il rumore di fondo.

Ne sono consapevole, ora, come non mai, è tempo di potenziare il pragmatismo, di rimanere sui problemi fondamentali, di fidarsi delle decisioni aziendali e di applicarle. Si, è tempo di dare spazio ad un ambiente convergente, anche se a distanza. In modo quasi sfrontato, mi sento di dire che dobbiamo allinearci alla nuova strategia aziendale e contribuire a strutturarla.

Certo, mi manca la routine, utile per stabilizzare le competenze e riprodurle ogni giorno. Mi manca la scansione dei tempi giornalieri, che mi crea sicurezza. Mi mancano le relazioni e anche, confesso, la possibilità di prendermela con qualcuno se le cose non vanno. Ora posso solo guardarmi allo specchio e richiamare me stesso all’obiettivo.

Ma se ogni situazione è apprendimento, come più volte ci siamo ripetuti in azienda nei momenti critici, anche questa emergenza è un apprendimento continuo.

Mi sto creando nuove abitudini nella discontinuità e vedo la contemporaneità delle due dimensioni: discontinuità e nuova routine. Ho un pensiero più snello, perché rimango con maggiore attenzione sui problemi da affrontare, sull’organizzazione di tempi, metodi e spazi, sul presidio e sulla facilitazione dell’interdipendenza dei processi di lavoro. Imparo volta per volta ad avere una comunicazione essenziale, chiara e “umanamente leggera”,  per ottimizzare i meeting on line e le decisioni. Curo lo sguardo, la mia espressione ed il tono della voce. Valorizzo il contributo degli altri e mi collego, perché ascolto di più quanto dicono.Non posso perdermi pezzi!

In questa dinamica sociale ed economica rallentata, scopro che devo sviluppare un mindset dinamico. Certo, non è così immediato, ci metto impegno e mi accorgo che ci riesco e, come me, ci riescono anche i mieiColleghi. Tutti noi, stiamo condividendo il percorso verso un nuovo orizzonte.

La sera, mi complimento con me stesso. Ho gestito la discontinuità della nuova routine, il paradosso della dinamicità del rallentamento, i timori e le criticità. E, oso dire, aumenta di giorno in giorno la mia autostima e la fiducia verso l’Azienda, che sento sempre più mia.